T come time management o l’illusione di saper gestire il proprio tempo.

Iniziamo dicendo che ho un problema. Eh no, non mi riferisco al fatto che molto spesso il mio unico obiettivo sembri quello di accumulare punti fragola dell’Esselunga o sbucciare i pomodori cotti, i chicchi d’uva e principalmente tutta la frutta o gli ortaggi in cui non vi è troppo aderenza tra polpa e pellicina. Sono già una serie di problemi, ma non divaghiamo.

Il mio problema – e forse capita anche a voi, capi di voi stessi – consiste nel time management, ovvero nell’illusione di saper gestire il proprio tempo

Se nel weekend appena passato ero riuscita a battere il record dei 35mila passi (al giorno, brava!) appena rientrata davanti al computer ho iniziato a lavorare a ritmi martellanti, anche di notte, anche a costo di non lavarmi i capelli (violino del Titanic!).

Perché succede tutto ciò? Ansia da prestazione? Incapacità di darsi delle tregue? Perché appena entra qualcosa da fare la faccio subito invece di lasciar decantare? Anticipa a oggi ciò che puoi fare domani? Per cominciare dovremmo riconsiderare il concetto di /ur·gèn·te/. Le cose fatte bene richiedono tempo e non tutto può essere evaso con una pronta soluzione.

Vari articoli in rete suggeriscono approcci e metodi lavorativi sostenibili in termini di uso e consumo del proprio tempo, tipo la tecnica del pomodoro. Un metodo molto interessante che potete leggere e, volendo sperimentare, qui. Io l’ho provata e non mi sono trovata male, ma dovrei essere più costante.

Poi mi sono accorta che la gestione del tempo non riguardava solo il lavoro ma varie sfere della persona. Ho scoperto che non so rilassarmi. Non ho la minima idea di come poter passare un pomeriggio senza sentire il bisogno di dover fare qualcosa. Tenere le mani occupate o spuntare mentalmente le caselle della mia lista di cose da fare. E così mentre guardo una serie tv, intanto scaldo il ferro da stiro; mentre apparecchio la tavola, controllo se mi è arrivata una mail; mentre mi stiro i capelli metto a bollire i broccoli. Quand è che abbiamo iniziato a sovrapporre attività su attività senza dedicare il giusto tempo a ognuna?

Riporto qui di seguito il pensiero di Tlon: “Nella società della performance tutti si guardano intorno e pensano: «Guarda quante cose fanno gli altri e quanto poco faccio io. Quanto loro sono attivi, belli e vivi, rispetto a me che sono passivo, brutto e morto dentro». In realtà, la sensazione di non fare e non essere mai abbastanza è molto più condivisa di quanto si creda: anche i tuoi amici, le persone che idealizzi, persino chi vedi come competitor vive esattamente la stessa situazione, e così si finisce col correre tutti come pazzi verso il nulla per paura di essere dimenticati, esclusi, messi da parte. La società della performance fa sentire costantemente un senso di competitività verso chiunque, e costringe a sentirsi in colpa quando ci si vuole o ci si deve fermare. Alimenta il senso di precarietà, ti porta a vivere una grande esaltazione quando acquisisci consenso e a cadere nello stato opposto nel momento in cui la performance diventa passato. È così che si finisce col sentirsi non più persone ma prodotti da pubblicizzare, perché tutto appare come commercializzabile. In una società così pervasiva, che colonizza qualunque spazio per spingerci a creare “contenuto”, ma che costringe a convivere costantemente con il senso di vuoto, è essenziale creare altre strade, non pensare che questo sia l’unico mondo possibile, basato su un sistema irreversibile“.

Sulla scia della massima “il tempo è denaro” consiglio il rewatch del film “In Time“, un thriller cyberpunk del 2021 con Justin Timberlake, Amanda Seyfried, Cillian Murphy e Olivia Wilde. La storia è ambientata nel 2169, un futuro in cui le persone sono geneticamente programmati per vivere fino all’età di 25 anni (io sarei già fuori di sei anni ma almeno il mio metabolismo sarebbe rimasto ai 25!). Allo scoccare del 25° anno, grazie a un chip inserito nell’avambraccio, ha inizio un conto alla rovescia che permette loro di vivere solo un anno al termine del quale sono destinati a morire. Ciononostante è possibile allungare la propria aspettativa di vita perché il tempo è diventato una vera e propria valuta: i minuti di vita equivalgono a moneta sonante.

Dunque, come torniamo padroni del nostro tempo? Premiamo sul tasto pausa? E se ne abbiamo voglia – poi – ricominciamo con il loop quotidiano.

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